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MEF: chiarimenti sui crediti d’imposta “non spettanti” e “inesistenti”

È stato pubblicato dal Ministero dell’economia e delle finanze l’atto di indirizzo 1° luglio 2025, n. 18, concernente la definizione di credito d’imposta inesistente e non spettante, al fine di superare ambiguità interpretative e armonizzare l’applicazione delle sanzioni.

L’atto nasce dalla delega al Governo, contenuta nell’articolo 20, comma 1, lettera a), n. 5, della Legge 9 agosto 2023, n. 111, per introdurre una più rigorosa distinzione tra crediti d’imposta indebitamente utilizzati (non spettanti) e quelli inesistenti, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali.

 

L’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 87/2024 ha già introdotto nuove definizioni di “non spettanti” e “inesistenti” per superare le ambiguità interpretative e applicative derivanti dalla ripetizione o contraddizione delle norme.
Nonostante gli interventi legislativi, l’uso in compensazione di crediti “inesistenti” o “non spettanti” ha creato notevoli criticità, come evidenziato anche dalle Sezioni Unite civili della Cassazione.

Credito inesistente
È il credito che deriva da rappresentazioni fraudolente, falsificazioni o artifici. Si basa su operazioni che sono oggettivamente inesistenti o simulate, o che non hanno i requisiti essenziali per la loro nascita. La Cassazione lo ha definito come quello che manca di elementi costitutivi oggettivi e strutturali o la cui operazione sottostante è totalmente inesistente.

Credito non spettante
È il credito utilizzato in violazione delle disposizioni di legge. Non deriva da rappresentazioni fraudolente. Si riferisce a casi in cui il contribuente non possiede i requisiti oggettivi o soggettivi previsti dalla norma che disciplina il credito, o quando il credito è calcolato in modo errato o utilizzato oltre i limiti temporali o quantitativi stabiliti.

Regime sanzionatorio
Le sanzioni applicate variano significativamente tra le due tipologie:

  • per i crediti inesistenti, la sanzione amministrativa va dal 100% al 200% del credito indebitamente utilizzato. Se l’ammontare supera i 50.000 euro, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni;
  • per i crediti non spettanti, la sanzione amministrativa è del 30% del credito utilizzato.

L’articolo 13, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 471/1997, relativo all’indebita compensazione, prevede una sanzione del 100% del credito indebitamente compensato. La sua applicazione ha generato ambiguità interpretative, poiché la sua definizione di “non spettante” tendeva a includere errori oggettivi, avvicinandola al concetto di “inesistente”.

L’atto di indirizzo supera queste criticità e armonizzare le definizioni, sottolineando l’importanza della “rappresentazione fraudolenta” come elemento distintivo fondamentale tra le due categorie.

Esistono casi di crediti “non spettanti” che, pur non rispettando appieno i requisiti, non sono assoggettati a sanzioni amministrative. Questo si verifica quando le operazioni sottostanti sono effettive e non c’è intento fraudolento, ma ci sono stati errori o difformità interpretative.
Un esempio citato è il credito d’imposta ricerca e sviluppo, dove il progetto esiste ma si riscontrano errori di calcolo.

L’articolo 23, comma 2, del D.L. n. 73/2022 ha introdotto la possibilità di certificare gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e design. Tale certificazione, rilasciata da soggetti qualificati, può attestare l’effettiva esecuzione degli investimenti e la sussistenza dei requisiti, generando un effetto presuntivo di regolarità, prevenendo contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria (anche se può essere messa in discussione se basata su violazioni o incongruenze gravi).
La certificazione può essere richiesta anche dopo l’effettuazione dell’investimento e non esclude la possibilità di censura o di contestazione se basata su verbali di constatazione in cui il contribuente non ha collaborato.

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