Con l’Ordinanza 25 febbraio 2022, n. 6299, la Corte di Cassazione ha affermato che ai fini della maturazione del diritto al trattamento previdenziale da parte dei dottori commercialisti, spetta alla Cassa di previdenza l’autonomo potere di accertamento dell’esercizio della professione in situazione di incompatibilità, prescindendo da un eventuale decisione dell’Ordine professionale.
In tema di verifica dei requisiti per il legittimo esercizio della professione di dottore commercialista, la Corte di Cassazione ha affermato che la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Dottori Commercialisti (di seguito “Cassa”) è titolare del potere di accertare, sia all’atto dell’iscrizione ad essa, sia periodicamente, e comunque prima dell’erogazione di qualsiasi trattamento previdenziale, ed a tale limitato fine, che l’esercizio della corrispondente professione non sia stato svolto nelle situazioni di incompatibilità, ancorché quest’ultima non sia stata accertata dal Consiglio dell’Ordine competente. Tale autonomo potere di accertamento sussiste nel momento della verifica dei presupposti per l’erogazione del trattamento previdenziale, al quale si associa naturalmente la cessazione dell’iscrizione all’Ordine, non potendosi ravvisare ostacolo alcuno nella carenza di una procedura specifica per l’esercizio di esso, risultando le garanzie procedimentali suscettibili di essere in ogni caso assicurate dall’osservanza delle norme generali.
La potestà esclusiva del Consiglio dell’ordine in merito alla cancellazione per incompatibilità riguarda solo l’aspetto afferente l’esercizio della professione, mentre quella attribuita alla “Cassa” è finalizzata a verificare uno dei presupposti per il riconoscimento di un trattamento pensionistico e, segnatamente, quello riguardante l’avvenuto esercizio legittimo della professione; ove si ritenesse che il potere di cancellazione fosse di esclusiva attribuzione dei Consigli dell’Ordine, nei casi in cui sia già venuta meno l’iscrizione all’Ordine medesimo, sarebbe preclusa la possibilità di verificare il legittimo e continuativo esercizio della professione, requisito, questo che costituisce titolo non solo per l’iscrizione all’Albo ma anche alla “Cassa”.
La Corte di Cassazione ha precisato, inoltre, che il potere della Cassa di verifica dell’esercizio della professione ai fini dell’iscrizione in ambito previdenziale, deve ritenersi esteso anche al potere di verifica del legittimo esercizio della professione medesima anche sotto l’aspetto della valutazione dell’esistenza o meno di cause di incompatibilità altrimenti, si snaturerebbe la portata della norma che dispone la facoltà della Cassa di esigere dall’iscritto e dagli aventi diritto a pensione indiretta, all’atto della domanda di pensione o delle revisioni, la documentazione necessaria a comprovare la corrispondenza tra le comunicazioni inviate alla Cassa medesima e le dichiarazioni annuali dei redditi e del volume d’affari, limitatamente agli ultimi quindici anni. La Cassa può altresì inviare questionari con richiesta di conoscere elementi rilevanti quanto all’iscrizione e alla contribuzione. In caso di mancata risposta nel termine di novanta giorni, viene sospesa la corresponsione della pensione fino alla comunicazione della risposta.
Dunque, il potere di verifica spettante alla Cassa, riguardo alla legittima iscrizione alla gestione previdenziale di categoria, deve intendersi esteso anche alla verifica dell’assenza di cause di incompatibilità con l’esercizio della professione di commercialista.